Al fianco dei nostri nonni, nelle trincee di fango e di gloria della Grande Guerra: gli animali che hanno combattuto durante la prima guerra mondiale e che sono caduti in combattimento o nelle retrovie, morti anch'essi per la patria insieme agli esseri umani, ricordati nel film documentario Animali nella Grande Guerra di Folco Quilici, uscito il 15 maggio e trasmesso ieri sera da Raiuno in occasione del centenario dell'entrata in guerra dell'Italia.
Cavalli. Milioni di cavalli.
Da guerra e da soma. Come l'eroe di Warhorse.
Da guerra e da soma. Come l'eroe di Warhorse.
Muli, compagni degli alpini.
Asini.
Buoi.
Mezzi di trasporto, e di salvezza, il più delle volte taciti autori generosi di indicibili sforzi al seguito degli eserciti in marcia.
Commilitoni a quattro zampe, in una fraterna condivisione di vittorie e sconfitte, spesso sulle alte vette delle montagne, "tra cime innevate e bianchi fior"..
E poi loro, messaggeri del cielo, leggeri come il fruscio di un'ala, bersaglio frequente dei colpi del nemico. Più veloci e più affidabili spesso di ogni più moderna forma di comunicazione.
E poi loro, messaggeri del cielo, leggeri come il fruscio di un'ala, bersaglio frequente dei colpi del nemico. Più veloci e più affidabili spesso di ogni più moderna forma di comunicazione.
Coraggiosi, audaci e tenaci oltre ogni limite. Spesso, fino alla morte.
E ancora cani, molti cani. Da soccorso, da trasporto sulle slitte, per fiutare i gas, come amici e compagni di trincea, di vita e di morte.
Cani eroi, come il celebrato pitbull degli anglo-americani. O il glorioso pastore tedesco, unitosi in Francia alle truppe americane, e poi, dopo la guerra, divenuto una star del cinema, e un simbolo del mito della frontiera: il magnifico Rin tin tin...
O come i cani dell'Adamello, cani da slitta, tutti di razza maremmana-abruzzese, bianchi e belli e indistinguibili nella neve dai binocoli dei nemici, affidabili intelligenti e forti. Cani che non abbandonano, che non temono il pericolo, che non mollano mai una sfida o un membro della loro "famiglia" in difficoltà. Cani rustici e montanari, abituati a vedersela contro i lupi tra i monti d'Abruzzo, ora di fronte ai lupi umani armati di fucili e mitragliatrici nascosti tra le rocce delle vette ancora in mano al nemico...
Cani che non abbandonano, ma che sono stati, alcuni di loro, abbandonati, lasciati legati tra le stesse vette che avevano difeso, sull'Adamello Brenta, dagli uomini che avrebbero dovuto curarli e ricondurli a casa. O almeno, a guerra finita, restituire loro la libertà.
Non tutti, tra quei cani generosi potenti e forti, lasciati sull'Adamello, però sono morti così ingiustamente. Alcuni di loro sono riusciti a liberarsi, e a fuggire via.
Era il 4 novembre 1918. L'armistizio di Villa Giusti veniva reso noto. La guerra era finita. L'Impero asburgico si arrendeva.
Molti altri tra i nostri eroi animali sono tornati a casa, alcuni con i soldati cui erano stati affidati, e al cui fianco avevano combattuto.
Presto, ovunque, sui campi di battaglia montani, tra le rocce aguzze del Carso e sulle vette insanguinate, tornarono i prati. Gli uccelli ricominciarono a cantare e le vette tornarono a popolarsi dei loro originari e legittimi abitatori, gli animali di montagna.
E sull'Adamello Brenta l'ormai raro viandante umano potè ascoltare forse, passando vicino ai luoghi delle trincee e delle battaglie, i latrati di quegli eroi di guerra dal bianco e folto mantello, sfuggiti miracolosamente alla morte, e ora tornati liberi e fieri nelle loro nuove foreste.
La natura ha avuto la sua rivincita sulla storia, sugli esseri umani e sulla Grande Guerra.
Grazie Folco Quilici.
E soprattutto grazie ai nostri amici e compagni di destino, agli animali che ci hanno accompagnato, difeso, salvato, nutrito. In questa e in tante altre guerre del passato.
E che si sono sacrificati con coraggio e pazienza per noi e per l'Italia.
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